Giudiziaria

Emiliano avrebbe indotto gli imprenditori a pagare il suo debito

Non bastava la ‘visita’ dei finanzieri. A segnare profondamente l’animo del governatore pugliese nel suo mercoledì nero, è arrivata anche la proroga delle indagini di sei mesi notificatagli ieri dalla Guardia di Finanza, su disposizione della magistratura barese, proprio in contemporanea alle acquisizioni e perquisizioni nella sede della Presidenza della Regione Puglia e nelle aziende riconducibili agli imprenditori indagati in concorso con Emiliano. Nel provvedimento, a firma del gip Antonella Cafagna su richiesta del procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno e del sostituto Savina Toscani, sono elencati i nomi dei cinque indagati e i reati ipotizzati nei loro confronti.
Oltre al presidente Emiliano, accusato di abuso d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità (entrambi i fatti risalenti al 2018) e concorso in reati tributari per l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, sono indagati il suo capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi, e gli imprenditori Giacomo Pietro Paolo Mescia, Vito Ladisa e Pietro Dotti.
Nei confronti di Stefanazzi si ipotizza il concorso nell’induzione indebita. Stesso reato è contestato agli imprenditori Mescia e Ladisa (il primo amministratore della società Margherita Srl, il secondo della Ladisa Srl) che rispondono anche di false fatture. All’imprenditore Pietro Dotti, amministratore di Eggers 2.0, agenzia di comunicazione, è contestato il solo reato di false fatture, risalente al periodo giugno-ottobre 2017.
La vicenda riguarda due fatture da 24 mila e 59 mila euro pagate da Margherita e Ladisa alla società Eggers di Torino che aveva curato parte della campagna elettorale di Emiliano per le primarie del Pd del 30 aprile 2017 e che vantava nei suoi confronti un credito complessivo di 65 mila euro. L’ipotesi accusatoria è che il governatore pugliese in concorso con il suo capo di gabinetto avrebbero indotto le due società pugliesi, “entrambe in rapporti con la Regione Puglia per finanziamenti, contributi e concezione di servizi”, spiega l’imputazione, a pagare quel debito. Gli indagati rigettano le accuse.
Gli accertamenti della finanza riguardano eventuali procedimenti amministrativi svolti e in corso di svolgimento e l’eventuale emissione da parte di uffici della Regione Puglia di provvedimenti relativi alla società di ristorazione Ladisa Srl. È uno dei particolari che emerge dall’indagine. Gli inquirenti sono alla ricerca di “finanziamenti, contributi regionali, contratti di appalto, delibere e determine” e di documenti relativi alla registrazione nelle scritture contabili della fattura dell’ottobre 2017, dell’importo di circa 59 mila euro, emessa dall’agenzia di comunicazione torinese Eggers 2.0 nei confronti di Ladisa.
La perquisizione ha portato anche a sequestro di documenti. Il sospetto degli inquirenti è che ci sia un collegamento tra il pagamento della fattura alla Eggers e eventuali rapporti di lavoro delle aziende pugliesi che hanno poi pagato quel debito e la Regione. I finanzieri stanno ricostruendo, infatti, anche i rapporti tra l’imprenditore barese con il presidente Emiliano nonché con alcuni dei suoi collaboratori e con il titolare della società di comunicazione, Pietro Dotti.
“Perdonatemi ma vorrei evitare di fare dichiarazioni. Potete facilmente capirlo. Vi chiedo scusa per questo”, ha detto questa mattina il presidente Emiliano, a margine dell’incontro in Prefettura a Bari su gelate e Xylella con il ministro delle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio, anticipando e schivando le domande dei giornalisti sull’indagine della Procura di Bari che lo vede coinvolto.
Nelle scorse ore il governatore aveva annunciato di essere venuto a conoscenza dell’inchiesta a suo carico oltre 48ore prima che i finanzieri bussassero alla sua porta del Lungomare Nazario Sauro ipotizzando una violazione del segreto istruttorio.
La gola profonda, a quanto si è saputo nelle ultime ore, potrebbe essere un giornalista così l’Ordine ha chiesto al procuratore della Repubblica di Bari, Giuseppe Volpe, “se la persona che ha rivelato il segreto istruttorio è un giornalista e ha chiesto, nel rispetto delle leggi e della riservatezza necessaria delle indagini, di conoscerne l’identità e di trasmettere gli atti necessari per avviare un eventuale procedimento disciplinare per accertare la violazione delle regole deontologiche anche in assenza di ipotesi di reato”.

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