Giudiziaria

Ex Ccr: “Il fatto non sussiste” per il manager Biallo e il boss Parisi

La terza sezione penale della Corte d’appello di Bari ha assolto ‘perché il fatto non sussiste’ dall’accusa di associazione mafiosa l’ex manager barese delle Case di cura riunite (Ccr), Paolo Biallo, e il boss mafioso del quartiere Japigia, Savino Parisi. I due erano imputati nel processo ‘Speranza’ sul mai provato intreccio tra mafia, affari e politica risalente agli anni ’90 nella gestione delle Ccr di Francesco Cavallari, l’allora re Mida della sanità privata pugliese in convezione con la Regione Puglia.
Questa sentenza potrebbe riaprire la vicenda processuale che coinvolge Cavallari, il quale nel 1995 patteggiò per questi fatti una condanna a 22 mesi di reclusione per associazione mafiosa, falso in bilancio e corruzione. Cavallari è l’unico imputato condannato, tramite patteggiamento, per un reato associativo mafioso a seguito del quale ha subito la confisca del patrimonio per 350 miliari di lire. Già in un precedente giudizio di revisione del processo avanzata da Cavallari, la Corte di appello di Lecce aveva sottolineato l’importanza della sentenza nei confronti di Biallo e Parisi per poter rivalutare la situazione processuale dell’imputato.
La decisione dei giudici della Corte d’appello di Bari emessa oggi segue la sentenza del 21 dicembre 2016 della Cassazione che aveva annullato con rinvio il non luogo a procedere per prescrizione per i due imputati.
I giudici della Suprema Corte avevano stabilito, in sostanza, che se una sentenza definitiva esclude l’esistenza di un’associazione mafiosa in un processo a carico di alcuni imputati, tale valutazione va estesa anche ad altri imputati accusati, in un altro processo, di appartenere alla stessa associazione. Nel processo principale, infatti, 31 imputati sono stai assolti con sentenza irrevocabile nel 2009, mentre Biallo e Parisi, processati separatamente, non sono mai stati giudicati nel merito perché i reati erano prescritti prima ancora che iniziasse il processo.
“L’operazione Speranza è finita e per Paolo Biallo è terminata, sia pure con doloroso ritardo, nel migliore dei modi. Biallo – spiega il suo difensore, Francesco Paolo Sisto – è stato assolto perché il fatto non sussiste: la formula parla da sola. Tutto quello che ha subito deve ritenersi del tutto ingiustificato a partire da 25 anni fa. Questa scritta oggi è una bella pagina di giustizia che azzera una fase di indagini davvero poco edificante”.

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